Luoghi da scoprire: Abbazia di Santa Veneranda e rifugio dei briganti – Albidona –

Tutti noi abbiamo sentito dire, se non abbiamo appurato coi nostri occhi, che il nostro territorio è pieno di bellezze naturali e paesaggistiche. Luoghi fantastici invasi da “storie e leggende” che li rende ancora più affascinanti.

Tra i tanti oggi vi vorrei parlare dell’Abbazia di Santa Veneranda situata in località Piano Senise – Albidona. E’ un antico monastero basiliano di cui ci sono documenti che vanno dal 1106 al 1729 (in Francesco Russo, Regesto vaticano per la Calabria, 12 voll. Roma : G. Gesualdi, 1974-1993). Questa abbazia, tra le tante presenti nell’AltoJonio, è rimasta molto attiva fino al 1583, poi andata in decadenza. Il monastero era conosciuto anche coi nomi di Santa Venere o Sant’Angelo Battipede (ibidem) e in dialetto locale “Santa Manrann”.

 Ad oggi l’esistenza di questo sito è testimoniata da poche pietre che costituivano il basamento delle mura. Di tutto il resto che possiamo immaginare, come utensili quotidiani, non vi è traccia. Nei dintorni del sito però si possono trovare cocci di argilla lavorata probabilmente risalenti all’età bizantina. Più il tempo passa e più il sito diviene di difficile accesso, con la natura che riprende il proprio posto inghiottendo tutto con arbusti e sterpaglie.

Ma andiamo a vedere da vicino il sito ad esplorarne le bellezze.

L’avvicinamento avviene imboccando la strada provinciale 153 Trebisacce-Albidona-Alessandria d.C. fino al chilometro 18. Dopo un po’ la strada che era in leggera salita arriva in piano dopo il quale la stessa strada prosegue in leggera discesa. Qui sulla sinistra c’è uno spiazzo abbastanza ampio dove possiamo parcheggiare il nostro mezzo di trasporto. Imbocchiamo la strada sterrata che va in salita fino a raggiungere una biforcazione con un deposito dell’acqua sulla sinistra. Proseguiamo per il ramo di sinistra in discesa. Proseguendo supereremo un primo incrocio con un altro sentiero sulla destra per poi arrivare ad un secondo incrocio quasi perpendicolare al sentiero principale. Imbocchiamo questo e proseguiamo. Il sentiero dopo poco non sarà direttamente riconoscibile ma basta proseguire in direzione Est/Sud-Est. Sulla sinistra vediamo un grande campo coltivato di proprietà privata. Ricordo che bei pezzi dei luoghi che stiamo percorrendo sono di proprietà privata quindi prestiamo attenzione. Sulla destra vediamo che il tracciato del sentiero riprende in salita. Si arriva ad un primo pianoro che attraversiamo in direzione Sud/Sud-Ovest (quindi mantenendo la destra) per imboccare poi un altro sentiero abbastanza riconoscibile che ci porta ad un secondo pianoro molto più piccolo. Attraversandolo verso Sud (mantenendo la sinistra) ci si deve inoltrare in un boschetto di arbusti superato il quale arriviamo in un area dove riconosciamo le mura del monastero sotto arbusti e sterpaglie.

Voglio suggerire di visitarlo insieme a qualche guida del territorio per non rischiare, perchè è fondamentale nelle esplorazioni/escursioni mantenere il fattore “rischio” più o meno uguale a 0.

Una volta qui possiamo immaginare il nostro monastero e le attività ad esso connesse. Vi assicuro che è un esercizio molto bello potersi immergere con la mente in epoche molto lontane. Ma ancor di più il fascino del luogo lo si apprezza per la posizione da cui si può godere di un panorama mozzafiato. Infatti è situato su un pianoro, che più in là si riversa in un dirupo (lo andremo a visitare fra poco), da cui si può ammirare Albidona vista da dietro, tutto intorno i canali coperti da boschi stupendi, le poche terre ancora coltivate, le tante campagne con abitazioni da tempo abbandonate, a testimoniare un’attività agricola intensa nel recente passato, e il mare sullo sfondo.

Altra storia legata a questo luogo è quella che racconta di una grotta
dove si dice abbiano trovato rifugio i briganti. Questa grotta è anche coperta da mistero e paura, condizioni date dal fatto che esplorare una grotta era pericoloso e vietato dalla propria coscienza. Ma oggi i tempi son cambiati e noi (Gruppo Spleleologico Sparviere) siamo andati a vedere cosa c’è al suo interno. La si raggiunge dal pianoro dove si trovano le rovine dell’abbazia proseguendo verso Sud/Sud-Est attraversando un altro boschetto di arbusti superato il quale la visuale si apre sul panorama sopra descritto. Noi siamo su uno dei grossi macigni davanti a noi dopo i quali parte il dirupo. Sporgendosi un po’, in basso a sinistra possiamo riconoscere l’ingresso della suddetta grotta.
Raggiunta con qualche difficoltà, perchè l’avvicinamento percorribile era pieno di rovi, ne abbiamo esplorato l’interno e confermato le nostre ipotesi e cioè che non si tratta propriamente di una grotta ma più di un riparo che si sviluppa in profondità per qualche metro ma poi si ferma. La nostra ipotesi era partita dal fatto che il nostro territorio è formato principalmente da rocce “arenarie” componenti di un complesso sedimentario detto “Flysch”. In questo territorio quindi non si hanno fenomeni carsici, grazie ai quali si sviluppa un ambiente ipogeo (grotte). Ma d’altro canto si potrebbero trovare cavità formatesi non per il fenomento carsico ma grazie al movimento dei lastroni di pietra (attraverso un effetto di scivolamento) che andrebbero a formare cavità anche profonde. Abbiamo visto che non è questo il caso.

All’interno della cavità in una prima esplorazione non abbiamo trovato nessun elemento che ci potesse condurre o collegare ad un’altra storia che fosse di monaci o di briganti ma è comunque affascinante pensare ad un passato possibile dettato da leggende legato a questi luoghi. Conoscerli e visitarli è una grande ricchezza ma sappiamo che sarà sempre più difficile vista la non curanza dei più, istituzioni comprese.

Note: per i riferimenti storici: prof. Giuseppe Rizzo; foto: Lorenzo Larocca; Per gli elementi escursionistici: GSS (Gruppo Speleologico Sparviere)

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